Nell’era di Spotify pensare di recarsi in un negozio di dischi e spendere dei soldi per acquistare un solo cd, un solo vinile, una sola musicassetta, anziché spalancarsi le porte dell’infinito grazie ad un abbonamento Premium di pochi euro al mese, sembra una cosa da pazzi. Ma è proprio vero che gli archivi musicali di una volta siano destinati a scomparire repentinamente?
Tempo fa leggevo un articolo che parlava di come, dopo un tonfo catastrofico del vinile, questo oggi stia tornando alla ribalta, nonostante le nuove tecnologie facessero pensare al contrario. Ma che cosa che affascina del vintage? Che cosa ci offre in più rispetto ad un abbonamento di musica straming?
Verso l’infinito

Quando si pensa alla rivoluzione di internet si giunge subito alla conclusione che la fantastica possibilità di scoprire qualsiasi notizia, qualsiasi canzone, qualsiasi fonte, abbia reso il mondo un posto più acculturato, più saggio e pieno di conoscenza. In parte è vero che poter ascoltare quello che vogliamo ci ha sganciati dalle fonti monopolistiche di distribuzione di cultura (come tv e radio), anche se naturalmente non è tutto rose e fiori. È un dato di fatto che avere a disposizione milioni di possibilità di scelta ci confonde soltanto e non ci fa fare dei passi in avanti in modo significativo. Sembra un paradosso, ma è così.
Nella musica vale lo stesso. Se Bob Dylan è stato uno dei musicisti più importanti della musica folk è grazie ai soli dischi dello zio che si era imparato a memoria e poco più. Quando da ragazzo si è trovato in uno studio di registrazione ha inciso Man of constant sorrow, pezzo che aveva ascoltato centinaia di volte (non avendo altro), creandone una delle versioni più celebri.
Avere la possibilità di usufruire di un repertorio infinito a volte è controproducente e non ti permette di approfondire nulla in particolare. Nella canzone Ricoveri Virtuali i Marlene Kuntz affrontano proprio questo tema, riferendosi alla quantità di possibilità che ci schiaccia e non ci permette di assimilare ciò che abbiamo di fronte.
Quanta roba hai scaricato?
Marlene Kuntz – Ricovero Virtuale
Quanto poco hai ascoltato?
Senza peso

È chiaro che la comodità non va disdegnata. Qualsiasi brano, in ogni momento, in ogni dispositivo è un bel vantaggio. Ma che rapporto c’è tra quel brano e la nostra memoria?
La mia professoressa di chimica ci diceva che guardare il suo scaffale pieno di libri la faceva sentire meglio: col solo sguardo ripercorreva quelle giornate spese a leggere, a fare propri quei romanzi che l’hanno resa ciò che è oggi. Diceva che a volte pensava di non conoscere più qualcosa, ma non appena guardava quello scaffale, subito si rincuorava.
Ad essere sincero, a me succede lo stesso quando guardo i miei CD. Sfoglio la cartella del PC e niente, non c’è la stessa emozione, non c’è empatia. So che quei dischi li ho fatti girare migliaia di volte fino ad impararmeli a memoria e so che sono sempre lì, come un faro nella mia cultura musicale.
Penso a cosa succederà se un domani tutto si digitalizzasse, se lo streaming fosse l’unica via per ascoltare musica e arrivo alla sola conclusione razionale: non è possibile! Il cervello umano vuole un appiglio di qualche tipo. E allora ecco i poster, ecco le t-shirt, che ci ricordano che quell’artista lo conosciamo, che quell’album l’abbiamo ascoltato migliaia di volte.
Come accade per un ebook reader, avere un libro di fronte, sfogliarne le pagine, assaporane l’odore ti fa immergere in un’esperienza sensoriale che va ben oltre le parole stampate, riprodotte in formato elettronico e digitale.
Qualità

L’alta fedeltà delle vecchie tecnologie ed il colore particolare che fanno balzare fuori sono uno dei cavalli di battaglia degli appassionati. “Basso mono” sul vinile, “onda infinita” anziché discreta e digitalizzata, sono tutte tematiche che l’ascoltatore nerd tiene in considerazione. E potrebbe aver ragione.
La maggior parte dei servizi di streaming si basa su algoritmi innovativi di compressione che rendono le registrazioni spesso molto simili le une con le altre. La ricerca di quel suono particolare, la grana e la dinamica del pezzo spesso ne risente e rifugiarsi nel vintage è una scelta molto comune.
Fa fico

Ma c’è una cosa che indubbiamente vince su tutte: il fascino ed il design di questi pezzi del passato. Le inimitabili grafiche degli LP, la bellezza di una puntina che scorre e ad ogni giro legge i solchi incisi fisicamente in un vinile o la memoria magnetica di una musicassetta sono fantastici.
Prendetemi per pazzo, ma sono ancora un grande fan di CD, vinili e musicassette e senza di loro, come capitava alla mia professoressa di chimica, mi sentirei un po’ smarrito.
Giando